Intervista ad Adam Zagajewski

Per Adam Zagajewski i versi vengono da un altro mondo, difficile da definire, e inseguono la pienezza dell’essere. «Essi – ha raccontato il poeta polacco nel corso del quinto appuntamento di “Dire poesia”, tenutosi all’Odeo del Teatro Olimpico, – nascono dall’osservazione e dall’immaginazione. Questo è l’unico momento in cui ciò che è reale si unisce all’immaginazione. Credo che i versi provengano anche dall’infanzia. Scrivere poesie significa rimanere fedeli alla propria infanzia. Questo non vuol dire che noi non dobbiamo essere maturi, però possiamo essere maturi e bambini allo stesso tempo.  Un famoso filosofo ha detto che la bellezza è la pienezza dell’essere. Io credo che non riuscirò mai a raggiungerla, ma è qualcosa a cui tendo, è qualcosa che viene dal giorno, dalla notte, dall’immaginazione, dall’osservazione».

Zagajewski, poeta ancora poco noto in Italia, ma considerato una voce di assoluto rilievo a livello mondiale, oltre ad avere parlato a lungo delle sue opere, ha letto diverse sue poesie tratte per lo più da una recentissima raccolta, pubblicata dalle Edizioni del Leone e intitolata La ragazzina di Vermeer (pagg. 40, euro 6). Poesie che, come ha scritto Derek Walcott, “ti entrano dentro piano e piano” e che hanno conquistato il pubblico.

Quando e perché ha iniziato a scrivere poesie?
Quando avevo dieci, dodici anni, adoravo leggere. Penso che i libri siano la cosa più bella del mondo. Ho deciso che sarei diventato un romanziere. Però quando sono cresciuto e ho cercato di scrivere romanzi non mi riuscivano molto bene. Così ho deciso di cominciare a scrivere poesia e non c’era modo migliore per esprimere me stesso se non attraverso la poesia.

Quale funzione può avere oggi la poesia?
Nelle società totalitarie e sotto il comunismo, la poesia ha avuto un ruolo molto importante. Ha dato alla gente un senso di libertà. Ad esempio, in Polonia, questo è successo negli anni Ottanta, quando avevamo le leggi marziali. Oggi è completamente differente. Adesso la poesia ha assunto un ruolo individuale per le persone. È come guardare un quadro o ascoltare Bach. Però ti fa sentire molto più umano.

La storia è un elemento molto importante nelle sue opere, tanto che un suo poema, “Try to Praise the Mutilated World”, è uscito a puntate sul quotidiano statunitense “The New Yorker” poco dopo l’11 settembre 2001. Quale rapporto c’è tra la poesia e la storia?
Non è una relazione amichevole, c’è un rapporto di antagonismo. I poeti tendono a parlare di sé in un linguaggio molto individuale, però ci sono dei momenti della storia in cui è molto difficile non prestare attenzione ai fatti storici.
Io ho vissuto a Gliwice, in Slesia, che è ad un’ora di distanza da Auschwitz. La città dove sono cresciuto era una sorta di succursale di Auschwitz. Non potevo ignorare una cosa del genere. Però scrivere poesie serve a liberarti. C’è qualcosa di storico nella poesia, perché questa è il movimento dell’anima e quando tu combini storia e poesia, permetti di trovare alla storia un modo più semplice per sopravvivere.

Lei è nato a Leopoli, città un tempo polacca, oggi in Ucraina, nel 1945, ma vi ha trascorso soltanto i primi quattro mesi della sua vita. Questo luogo però ha assunto un ruolo centrale nella sua opera.
Ho vissuto a Leopoli solo quattro mesi per cui non ho nessun ricordo di questa città. Però, dopo che la mia famiglia è stata espulsa e ci siamo trasferiti altrove, i miei famigliari parlavano sempre di Leopoli ricordandola come un posto bellissimo. Credo che tutti abbiamo un po’ l’idea di un’età dell’oro, di un tempo, di un luogo in cui tutto era paradiso. Buona parte della mia opera parla di questo sogno che non c’è più. Quella che per la mia famiglia è stata una terribile perdita, per me è stato un enorme dono: una città si è trasformata in un sogno. Leopoli è per me come Atlantide. Atlantide era un luogo bellissimo perché non è mai esistito.

Una delle poesie che ha letto, Una mattina a Vicenza, dedicata a Brodskij e a Kieslowski, è ambientata a Vicenza. Può raccontarci com’è nato questo testo?
Questa poesia ha una genesi molto precisa. È stato nel giugno del 1997. Penso che fosse il mio compleanno, il 21 giugno, il giorno più lungo dell’anno. Io ero a Venezia dal giorno prima, e il grande poeta russo Brodskij era stato sepolto la seconda volta. Due volte perché era morto nel gennaio del 1996, ma la moglie aveva deciso di spostare i suoi resti nell’isola di San Michele, perché Brodskij amava profondamente Venezia. Riuscì a portare la salma nell’isola di San Michele nel giugno del 1997. Il giorno successivo a questo secondo funerale, insieme a mia moglie, sono venuto a Vicenza. Era una bellissima giornata di sole e per me è stato un fortissimo contrasto tra l’enorme sofferenza che avevo dentro e la bellezza della giornata. La poesia racconta questo contrasto. Per quanto riguarda Kieslowski, il famoso regista del Decalogo, era un mio amico ed è morto lo stesso anno di Brodskij.

Che ricordo ha di Kieslowski?
L’ho conosciuto cinque anni prima che morisse. Gli volevo molto bene. C’era un’incredibile onestà in lui. Quando l’ho conosciuto era famosissimo, ma questo non lo interessava. Era una persona bellissima, molto modesta. Era un uomo che si faceva tante domande, voleva sapere. Ogni suo film è come un microscopio puntato sull’animo.

Alcuni critici hanno detto che la sua poesia insegue la metafisica della vita quotidiana. Si riconosce in questa definizione?
Da un certo punto di vista sono d’accordo. Io sono interessato alle cose che appartengono alla vita quotidiana. Però in mezzo a queste cose ci sono sempre dei momenti che trascendono le cose semplici di tutti i giorni. A me interessa questo rapporto tra qualcosa che è ordinario e che nello stesso tempo può diventare straordinario.

Un verso della sua poesia “The voice” dice: “Quello che canta è quello che non parla”. Cosa intendeva dire?
La musica nella poesia nasce dal silenzio, però è un silenzio ricco, che parla.

Lei ha affermato che “la poesia cresce sul contrasto ma non lo supera”. In che senso?
Perché la poesia non è la dialettica di Hegel: tesi, antitesi, sintesi. Le contraddizioni rimangono e non solo nella poesia; ogni essere pensante scopre che ci sono delle contraddizioni nella vita. Le contraddizioni sono molto interessanti.